
Per decenni, l’Intelligenza Artificiale (IA) si è basata quasi esclusivamente sul riconoscimento di pattern per prevedere e completare testi. Poteva finire le tue frasi o individuare delle tendenze, ma senza davvero cogliere il significato profondo delle parole e del contesto. Oggi, tutto questo sta cambiando. Radicalmente. Una nuova generazione di modelli IA, noti come “Reasoner”, è ora in grado di ragionare passo dopo passo, offrendo risposte più precise, pertinenti e sfumate.
Ma quanto è davvero profondo questo ragionamento? E cosa implica questo cambiamento per la ricerca, le decisioni aziendali e l’intelligenza competitiva?
Dalle risposte istantanee al pensiero profondo
Tradizionalmente, i chatbot basati su IA generavano risposte in tempo reale, parola per parola. Veloci, certo, ma spesso superficiali, privi di reale profondità. Per migliorare la pertinenza, gli sviluppatori hanno introdotto il concetto di Chain of Thought (CoT). Si tratta di una tecnica di prompt che incoraggia i modelli a “mostrare il proprio ragionamento”. Funziona in modo simile a come gli studenti risolvono i problemi di matematica con passaggi ben articolati. Tuttavia, il CoT resta fondamentalmente una tecnica esterna, non una vera capacità nativa di ragionamento.
I Reasoner di nuova generazione, come il modello Deep Research d’OpenAI o il cinese DeepSeek V3, integrano ora il ragionamento multi-step già nella fase di apprendimento. Questa capacità nativa consente ai modelli di affrontare problemi complessi in modo autentico, e non solo imitando la logica umana.
Ad esempio, il modello sperimentale Gemini 2.5 Gemini 2.5 Pro Experimental de Google introduce un ragionamento agentico e iterativo, che permette al sistema di perfezionare autonomamente le proprie risposte su più cicli.
Allo stesso modo, DeepSeek V3 si distingue per le sue competenze avanzate in programmazione e nella gestione multilingue.
Gli agenti di ricerca IA in azione
Se i Reasoner migliorano la logica interna dell’IA, gli agenti di ricerca spingono ancora oltre, gestendo in autonomia interi flussi di lavoro di ricerca. Esplorano la letteratura accademica, interpretano dataset complessi e generano in pochi minuti report strutturati e ben documentati.
Prendiamo ad esempio Microsoft Copilot Researcher et Analyst,, integrati in Microsoft 365. Combinano la potenza dei modelli di ragionamento di OpenAI con i vasti connettori dati di Microsoft, consentendo la generazione di analisi personalizzate, integrate direttamente nei flussi operativi quotidiani delle aziende.
La modalità Deep Research de Perplexity si distingue a sua volta. Progettata per chi cerca risposte fondate e corredate di fonti, incrocia in tempo reale molteplici fonti e fornisce approfondimenti verificabili con un livello di rigore accademico. È particolarmente utile per chi ha bisogno di verificare rapidamente le informazioni generate dall’IA confrontandole con fonti autorevoli.
Nel frattempo, Google propone NotebookLM, presentato come un vero e proprio “laboratorio personale di ricerca”. Pensato per studenti, ricercatori e professionisti, permette di caricare documenti propri per ottenere sintesi, porre domande o esplorare connessioni concettuali.
Questi sistemi non sono più semplici assistenti passivi. Sono diventati veri e propri partner proattivi, in grado di mettere in discussione ipotesi, sintetizzare insight e migliorare il processo decisionale strategico in tempo reale.
Cosa si nasconde dietro questa nuova intelligenza?
I Reasoner e gli agenti di ricerca non si limitano più a fornire risposte. Ragionano, validano fonti, e sintetizzano informazioni a velocità e scala prima impensabili.
Ma man mano che l’IA affina i propri processi intellettuali, i professionisti devono affrontare interrogativi più difficili: Quanto sono trasparenti davvero questi modelli? Quali bias si nascondono sotto la loro superficie raffinata? E come possiamo mitigarli efficacemente?
Tutti noi stiamo imparando a navigare in una nuova realtà professionale, dove gli strumenti non si limitano a eseguire comandi, ma collaborano attivamente con noi. Il che ci riporta, con un po’ di umorismo e una nota di serietà, alla domanda che ha ispirato il nostro titolo:
♫ “How deep is your AI? ♪♫♪ I really mean to learn, ‘cause we’re living in a world of fools…” ♫
Sì, a volte sembra davvero di vivere in un mondo di folli, sospesi tra un’euforia tecnologica fuori controllo e nevrosi profonde legate all’IA. Da un lato, l’entusiasmo sfocia nell’esaltazione; dall’altro, l’ansia si trasforma in paura esistenziale. Ma restando curiosi, pragmatici e riflessivi, possiamo contribuire a orientare questa trasformazione verso un’IA non solo potente, ma anche profondamente umana.